San José – Los Chiles, Costa Rica. Partenza ore 5.30 am. Prima tappa verso la frontiera nicaraguense.
In realtà nulla da dichiarare, tutto liscio e senza problemi: piacevole chiacchierata con il controllore con bendiciones a seguito, un bus degno di essere chiamato tale, ma senza la solita aria condizionata a palla e la mia amata playlist di salsita, merengue y bachata. Giusto un po’ di caos nel momento dell’abordaje, per un problema di overbooking, ovvero avevano venduto più biglietti di quanti fossero i posti del bus, ma era già predisposto un altro bus con partenza a breve. Io non ho avuto problemi perché sono stata la primissima ad arrivare. Che in questa parte di mondo io riesca ad essere puntuale e addirittura molto in anticipo, ce lo ricordiamo, no? Il bus prende la ruta 35, direzione nord, e presto sale lungo una strada ben asfaltata e tutta curve che taglia un paesaggio rurale di un verde che se dico fluorescente, non esagero. Campi di montagna dedicati all’agricoltura e all’allevamento. Il verde del Costa Rica ti resta negli occhi. Ci aspettano solo poche fermate, almeno di quelle ufficiali. Dico ufficiali perché in questo viaggio vengo a conoscenza del servizio tutto latino de “las encomiendas”: praticamente lungo il percorso ci sono delle particolari fermate presso delle sodas (piccoli ristoranti) o delle caffetterie che vengono usate come check point. Qui la gente può lasciare pacchi e pacchetti che il passeggero, sapendo dove, al passaggio del bus può ritirare. Oppure il bus stesso fa da corriere per pacchi e buste che viaggiano soli e vengono ritirati a destinazione – l’ancestrale sistema de las encomiendas – e quindi capirete che ci sono anche fermate non ufficiali e non sono poche. Ecco, qualcosa posso raccontarvi: a un certo punto Don Juan si alza e comunica all’autista che deve ritirare un pacchetto a suo nome a Los Naranjos, lasciato da sua figlia che vive in un paese poco distante. Don Juan è nicaraguense e rientra a San Carlos de Nicaragua dopo aver fatto la stagione in qualche campo costaricense (origlio mentre parla con il mio vicino de asiento), è magro come un chiodo, scuro in volto, con gli occhietti a fessura e con una bella faccia incavata e solcata da tante rughe. Porta una camicia leggera color giallo chiaro, un pantalone nero decisamente pesante per il clima e una vistosa cintura stile El Charro, tutto ordinato e pulito. Potete immaginarlo? Il pacchetto per lui a Los Naranjos non c’è. Delusione sul volto di Don Juan, che non capisce. Il bus tenta la fermata alla prossima caffetteria, ma della encomienda di Don Juan nessuno sa nulla, però abbiamo caricato una cassetta di remolacha e due piccoli pacchetti, che sarebbero stati ritirati alla terminal de Los Chiles. Don Juan comincia ad agitarsi non poco, probabilmente non ricorda il check point accordato con la figlia e chiede aiuto e pazienza all’autista. L’ autista prende in mano la situazione e ci fermiamo ancora in un’altra soda e finalmente viene fuori una piccola busta di plastica verde per Don Juan. Che diciamolo pure, sicuramente si trattava di soldi.
Non dico che sia scattato un applauso tra noi passeggeri, modalità atterraggio volo Ryanair, ma un respiro di sollievo lo abbiamo tirato tutti.
Credo che si chiami solidarietà.

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